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Diritti e Doveri

Deridere la nostra bandiera potrebbe costarci caro

erezioni europee
A destra l'immagine pubblicata su facebook a ridosso delle elezioni europee.
 
Lo scorso maggio, ovvero l’ultimo giorno prima dello svolgimento delle elezioni per il Parlamento europeo, su una pagina Facebook di satira irriverente e corrosiva, è stata rinvenuta, da un utente del noto social network, un’immagine apparentemente raffigurante l’emblema ufficiale della Repubblica italiana.
L’emblema dello Stato è disciplinato da due fonti normative di rango ordinario, il D.Lgs. n. 535 del 1948 e la legge di attuazione, la legge n. 561 del 1956, attuativa del suddetto decreto, così come la bandiera nazionale, che è disciplinata in Costituzione all’art. 21, in cui si afferma come “La bandiera della Repubblica è il tricolore: verde, bianco e rosso, a bande verticali di eguali dimensioni” .
All’articolo 1 del D. Lgs. N. 535,1948, poi, viene descritto in modo dettagliato quello che deve essere il nuovo emblema della Repubblica Italiana, secondo quanto approvato dall’Assemblea Costituente in data 31 gennaio 1948: “una stella a cinque raggi di bianco, bordata di rosso, accollata agli assi di una ruota di acciaio dentata, tra due rami di olivo e di quercia, legati da un nastro di rosso, con la scritta di bianco in carattere capitale "Repubblica italiana".

Tuttavia, l’immagine rinvenuta sulla pagina Facebook presentava le seguenti manipolazioni: al posto della stella, era raffigurata una banana, mezza sbucciata, la polpa con i colori della bandiera nazionale, bianco, verde e rosso e, ai piedi dell’emblema, la scritta “Erezioni Europee 2014”.
A prima vista, l’immagine potrebbe far sorridere, forse storcere il naso ai benpensanti e ai moralisti, soprattutto con riguardo al tema della sessualità.
Tuttavia, tali considerazioni, pur legittime, fuorvierebbero dai veri problemi posti dall’immagine pubblicata su Facebook: il principio di legalità in materia penale, il diritto di manifestazione del pensiero e, da ultimo, ma non per questo trascurabile, dai delitti che possono essere commessi a mezzo della stampa, periodica e non .
Infatti, in tema di principio di legalità, la nostra Costituzione prevede, all’articolo 25, II co., che “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.

Orbene: la nostra bandiera e il nostro emblema sono tutelati dal Codice Penale, entrato in vigore in epoca pre-repubblicana, ovvero nel luglio 1931, più specificamente all’art. 292, in cui si afferma testualmente: ”Chiunque vilipende con espressioni ingiuriose la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.,”, a seguito della modifica apportata dall’art. 5, l. n. 96/2006.
Prima della suddetta modifica, la pena prevista per il vilipendio alla bandiera o al simbolo era della reclusione da uno a tre anni.
Dunque, in un’ottica depenalizzatrice, il legislatore del 2006 ha optato per la sostituzione della pena detentiva con una pena pecuniaria, così da rendere il reato oneroso, innanzitutto economicamente, per il solo colpevole e non anche per l’ordinamento penitenziario.
Inoltre, lo stesso Codice Penale afferma, nel libro primo, rubricato “Dei reati in generale”, all’art. 81, I co. , il concorso formale di reati, in cui si prevede che “è punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata sino al triplo, chi, con una sola azione od omissione[…] commette più violazioni della medesima disposizione di legge”, istituto definito in dottrina penalistica come “concorso formale omogeneo”.

Per passare dal dato normativo al fatto concreto, con la pubblicazione dell’immagine in questione, si può ragionevolmente affermare come sia stata violata più volte la norma contenuta nell’art. 292 C.P., poiché, in primo luogo, la stella sull’emblema ufficiale della Repubblica Italiana è stata sostituita da una banana, a voler  quantomeno pudicamente significare che la nostra è una Repubblica delle Banane, come dal noto film di Woody Allen e come negato dall’Avvocato Agnelli, prima delle elezioni politiche del 2001 e, in secondo luogo, dall’utilizzo dei colori nazionali su un frutto dall’evidente richiamo all’organo sessuale maschile.

Richiamo confermato dalla scritta “Erezioni Europee 2014”, sottostante al simbolo nazionale manipolato.
Dunque, sembrerebbe integrata una molteplice violazione di quanto disposto nell’art. 292 C.P., in tema di Vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato, poiché detta immagine non arreca oltraggio o vilipendio solo al simbolo ufficiale della Repubblica, come disciplinato dal D.Lgs. 535, 1948, ma anche alla bandiera nazionale.
La Corte di Cassazione, in riferimento alla bandiera italiana, ha affermato, con la sentenza n. 48902 del 2003, come non sia necessario, perché si abbia vilipendio alla bandiera, l’esistenza materiale del vessillo, ma sarebbe sufficiente la sola espressione verbale di disprezzo verso i colori, contenuti  nella bandiera stessa.
Se fosse effettuata una denuncia all’autorità giudiziaria per quanto pubblicato su detto sito, per quanto disposto dagli art. 58-bis, 81, 292 I co.,C.P., l’autore della pubblicazione e l’editore o gestore del sito rischiano il pagamento di una multa, fino ad un massimo di 5.000 euro. 
Dunque, il fatto in oggetto sembra far tornare a galla una problematica mai ancora affrontata a fondo nel nostro Paese, ma periodicamente riaffiorante, ovvero la libertà di manifestazione del pensiero, nella fattispecie della libertà di satira.

Dove finisce il diritto costituzionale, disciplinato all’art. 21 I co., di tutti i cittadini ad esprimere liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione e dove iniziano le altrettanto importanti prevenzione e repressione delle condotte criminose, contemplate spesso in un codice definito, spregiativamente, “fascista”, ma mai abrogato tout court in quasi settant’anni di vita repubblicana?
Edmond