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Spettacolo

Piccola scena digitale

PICCOLA SCENA DIGITALE
 
 Il Festival Piccola Scena Digitale nasce dal progetto “carcerAzioni. Prigionie dei nostri tempi”, il percorso di eventi e incontri sul tema delle prigionie invisibili contemporanee che, dal dicembre 2013 all’aprile 2014, ha indagato il concetto di libertà o la sua privazione con mostre, letture, proiezioni, laboratori e performance. 
 
All’interno del progetto carcerAzioni si è svolto un concorso per cortometraggi che ha scelto di indagare, attraverso la forma del video-teatro, della video-danza e della video-performance, le molteplici e variegate interpretazioni del concetto di “prigionia invisibile” già espresso da Samuel Beckett nella sua opera, ma attualizzato nella società contemporanea attraverso le trasformazioni sociali che hanno generato nuove migrazioni e moderne oppressioni.
 
Le opere finaliste del concorso saranno presentate martedì 9 giugno alle ore 20.30 alla Casa del Cinema (Sala Kodak) di Villa Borghese con la proiezione dei 13 lavori scelti, tra quelli pervenuti, dal Comitato di Selezione. I titoli in concorso raccontano attraverso la forma del video, l’idea di prigionia nel nostro tempo, intesa come impedimento fisico o come scelta di sottrarsi a un comportamento omologato. Sono storie o spaccati di vita o riflessioni estetiche che affrontano da angolazioni diverse il complesso mondo del disagio: in soggettiva, toccando esperienze personali o allargando il focus sul mondo anche attraverso una narrazione storica. In questo senso, il video cerca tracce nel teatro o nella danza o nella performance per ricreare un originale tessuto visivo.
 
“Dopo il successo delle prime due edizioni di Memoria Corta, il festival di cortometraggi dedicato alle tematiche della memoria storica e contemporanea italiana svoltosi presso la Casa della Memoria e della Storia, ci sembrava doveroso affrontare - grazie alla leggibilità e alla capacità che ha il video di costruire storie con narrazioni non scontate – anche il rapporto che il video ha con la scena dello spettacolo dal vivo, sia essa matrice del teatro o della danza o della pura performance. Ancora un’angolazione particolare, dalla quale poter scorgere ulteriori o nuovi significati come solo la riproduzione tecnologica (direbbe Walter Benjamin), il montaggio e la sintesi sono capaci di dare. Sintesi che non è soltanto nel tempo del lavoro artistico ma anche, anzi soprattutto, nel linguaggio. Così Piccola Scena Digitale diventa un nuovo appuntamento rivolto a giovani creatori e sceneggiatori, sicuramente a un pubblico avvezzo all’immagine che – se ne avrà desiderio – cercherà di scoprire le tendenze contemporanee, e come il video oggi si metta a disposizione per raccontare la “vita” della scena, o la scena dal vivo. Esistono diversi festival dedicati al video teatro o alla video danza che sono diventati tradizione nel nostro Paese, punto di incontro fra operatori e artisti; sono archivi straordinari, dunque memoria della grande maestria del lavoro video (penso al festival di Riccione Ttv o al Coreografo elettronico di Napoli, per citarne esempi di eccellenza). In questo senso Piccola Scena Digitale mi sembra si collochi in questo solco di indagine e ricerca in una città, quale Roma è, di espressione e proposizione cinematografica a molti livelli, istituzionali e indipendenti.”
Giovanna Marinelli
Assessore alla Cultura e al Turismo di Roma
 
Come premio al vincitore del Concorso Piccola Scena Digitale, l’opera “A Samuel Beckett”, una scultura di Luciano Minestrella in legno, acciaio e travertino con tecnica di assemblaggio di più materie, ispirata al pensiero dello scrittore e drammaturgo irlandese. 
 
Il Festival è promosso dal Servizio Programmazione e Gestione Spazi Culturali del Dipartimento Cultura  - Assessorato alla Cultura e al Turismo di Roma Capitale, in collaborazione con l’Istituzione Biblioteche di Roma e il Teatro di Roma.
 
GIURIA
Yosuke Taki - Presidente di Giuria - regista teatrale, artista e scrittore
Duccio Camerini, regista teatrale e cinematografico, attore e drammaturgo
Giorgio Gosetti, giornalista, direttore di festival cinematografici e della Casa del Cinema di Roma 
Donatella Orecchia, docente di Storia del teatro presso l’Università di Roma Tor Vergata
Paolo Ruffini, responsabile della Casa dei Teatri – Dipartimento Cultura di Roma Capitale
 
 
MARTEDÌ 9 GIUGNO 2015 ORE 20.30
 
LUI E LEI 
di Cecilia Bertoni
La regista crea un ritratto del compagno di palcoscenico, il performer Serge Cartellier, e di se stessa. Ora però sono persone senza un ruolo, se non quello di essere se medesime. Chiusi nella solitudine di un bagno, cercano ossessivamente di spogliarsi dalle vestigia della memoria, cancellando dallo spazio e lavando dai propri corpi le calligrafie e le storie delle proprie esperienze. Una tessitura per immagini in cui emerge l’insolvibile diatriba con la memoria.
 
ORIZZONTI 
di Giuseppe Sansonna
Napoleone, o forse è solo uno che crede di esserlo, è disperatamente esiliato a Sant'Elena. Progetta, con il suo assistente, una fuga che sembra impossibile. Nel frattempo uno strano ufficiale inglese, passeggiando per l'isola, scrive un'invocazione per lui. Pieno di pietà per il nemico sconfitto, lo paragona ad un altro recluso, un personaggio della letteratura: Drogo, protagonista de "Il deserto dei Tartari" di Buzzati. 
Le due storie parallele si rispecchiano l'una nell'altra.
 
IO INTRUSO TRA GLI INVISIBILI 
di Patrizia Masi
Un reporter, infiltrato in un OPG-Ospedale Psichiatrico Giudiziario, riprende le testimonianze di alcuni internati. Come si spiegano la vergogna, la disumanità e il dolore di creature lasciate a se stesse, dimenticate da Dio e dagli uomini? Certe notti è un andare insieme, una confessione, un perché senza risposta, un correre a salti: dal grido che imprigiona alla risata che spacca il cuore, dall’oscenità del reale alla favola  che intona l’innocenza, da un “fine pena mai” a un morso di speranza.
 
MANUALE PER ASPIRANTI SUICIDI 
di Federico Russotto
In un’epoca in cui tutto viene condiviso e ogni momento della nostra vita sembra dover
essere visibile agli altri, un ragazzo decide di condividere con il pubblico l’atto più estremo
e intimo della sua vita: il suicidio. Ma come farlo? Quale è il modo migliore per
abbandonare questa vita? Il ragazzo ci guiderà attraverso un piccolo manuale alla ricerca
del metodo più efficace e spettacolare possibile.
 
 
 
FORMA MANIFESTA: AMELIA ROSSELLI 
di Pasquale Polidori
Due acrobate recitano un estratto dal poema “La libellula” di Amelia Rosselli, nelle cui parole, condivise dalle due donne verso per verso, l’io e il tu oscillano tra la coscienza e il desiderio di superare i limiti personali. La lingua, fluida e distorta dalla vita, è l'unico luogo dove il confine dell'esistenza soggettiva può essere superato. Il complesso discorso poetico della Rosselli, tutt’altro che lineare, è sottolineato dallo sforzo, dalla paradossale innaturalezza e dalla postura fisica dell'esercizio acrobatico.
 
VITTIME ANNUNCIATE 
di Barbara Amodio e Selene Di Domenicantonio
Sulla poesia di Gioconda Marinelli, specchio intimo di prigionia domestica e femminicidio, si susseguono le immagini scelte dello spettacolo “Anime Nude”, straziante opera di sopraffazione sulle donne. Barbara Amodio entra nella liricità del componimento non solo con la forza interpretativa della sua voce ma anche prestando il proprio volto e il proprio corpo al dolore, all’estrema drammaticità della performance, a volte anche con dolcezza, in punta di piedi. Dà vita al pensiero recondito di una donna massacrata, nel cuore e nella carne, mentre una ninna nanna, scritta e interpretata da Selene Di Domenicantonio, accompagna e chiude nella memoria l’ultima possibilità di redenzione.
OUT OF TIME 
di Akram Hossain Munshi
Una giornata da receptionist in un albergo di Roma raccontata in un breve documento costituisce, nelle intenzioni dell’autore, il simbolo della prigionia quotidiana ed invisibile dettata dallo sfruttamento lavorativo. Il tempo viene caricato di significato, sottolineando che il suo scorrere nella realtà quotidiana dell’interprete rimanda ad un tempo mentale molto intimo. 
AÈDO OVIDIO
di Laura Giovanna Bevione
La presenza di due criceti, che pedalano all'infinito in una ruota sovrapposta ad uno scenario naturale agreste, è metafora del concetto spazio/tempo quotidiano ed eterno dell'uomo. Accompagna il movimento perpetuo dei due roditori un testo in latino di Ovidio, letto da una voce narrante fuori campo, modalità orale con la quale gli antichi trasmettevano i miti, da cui il titolo Aèdo.
2041 
di Valentino Russo
Anno 2041: la vita è migrata sui social network. Non esistono rapporti interpersonali al di fuori della rete, e l'unico fine dell'attività umana è ottenere in ogni modo il più alto numero di “mi piace” possibile. Non tutti però riescono a integrarsi in questo sistema, e sottrarvisi può essere più pericoloso di quanto si pensi...
 
LISTEN TO MY HEART 
di Maria Korporal 
Intoccabili reti sociali catturano le persone che si ritrovano imprigionate nelle immagini che di se stesse hanno creato, alimentate da una smisurata voglia di autoreferenzialità e dalla brama di affermarsi oggi mostrateci da Facebook. Ma esse erano già presenti nei social network dell’Antica Roma. Il video le ripropone attraverso tre domande insistenti: “Do you see what I see? Do you feel what I feel? Do you like what I like?”. L’auspicata risposta arriva, ma poi vien taciuta e nel buio svanisce.
 
IL MIO GRIDO 
di Vito Alfarano
La rappresentazione è l’epilogo di un’ emozione che tra corpo e suono si fa arte. Lo sfondo bianco elimina la possibilità di collocamento nello spazio. La nudità esprime potenza, morbidezza, vivacità e fragilità. Non sapendo nulla del corpo che viene proiettato sullo schermo, lo spettatore non vedrà il detenuto ma l’UOMO. La voce singola è uno scrigno di informazioni ed emozioni, intimamente legato al proprio vissuto e al luogo da cui si proviene. Le voci dei detenuti e i suoni elettronici compongono la musica originale.
834 
di Francesco Rizzo e Sandro Calabrese
E’ un breve monologo sul tempo, sulle parole e sull'importanza che tutto questo ha nella nostra vita. Molte volte non ci si accorge dell’uso che si fa delle nostre parole e della nostra vita. Spesso ci sembra un'interminabile successione di momenti uguali ed insensati, ma forse tutto sta nell'utilizzare meglio quanto abbiamo, a partire dalle nostre parole e da tutto ciò che da queste può scaturire.
 
OFFICE
di Werther Germondari 
“Ripiegato su se stesso, col più tradizionale degli abiti impiegatizi, ma non abbastanza rampante da essere definito un colletto bianco e mimando un impiego sempre uguale a se stesso, vuoto nella sua ripetitività, Germondari dà il via ad un circolo/circuito lavorativo di un’operatività sterile. (…) Amante delle performance ripetitive, l’artista mette in scena la costrizione fisica e mentale di una situazione che, nella totale vacuità e nella sua riconoscibilità sociale, trova la riaffermazione della propria identità”. (Federica La Paglia)
 
Martedì 9 giugno 2015 ore 20.30 alla Casa del Cinema (Sala Kodak).
 
CASA DEL CINEMA
Largo Marcello Mastroianni, 1
(Ingresso da Piazzale del Brasile, Parcheggio di Villa Borghese)
INGRESSO LIBERO fino a esaurimento posti disponibili