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Fatti

Il mito della grande città per i ragazzi del sud

ragazza

 Immaginate di incontrare nella Capitale una di quelle giovani fuori sede che popolano le Università Romane, affitto a carico dei genitori che supportano la scelta ed il sogno della propria figlia e un pò di lavoretti che non servono quasi più a nulla se non a pagarsi la pizza e la birra con gli amici.

La 
conoscenza con lei è puramente casuale: distribuisce volantini con un fare simpatico ed un accento marcatamente siciliano, solare come la terra da cui proviene. Le chiedo notizie sulla costellazione di lavori che offre il mercato, e lei mi risponde “non c’è niente o quasi più in questa città e forse torno giù, anche se io non voglio tornare a Messina”.

Le chiedo perchè e lei mi risponde “ 
Messina è una bella città, ho il mare a 500mt da casa quando torno dai miei, ma lì la vita è troppo lenta, la gente dopo pranzo vuole riposare, non è come qua che ci muoviamo sempre. Io mi annoio con i ritmi del Sud. Io voglio stare qua, perché mi piace la grande città anche se a dirti il vero, io se torno dai miei il lavoro ce l’ho.”Ed io sbigottito, “come ce l’hai? “ E lei, “ mia madre potrebbe darmi il suo e spostarsi da un’altra parte in maniera da garantirmi quelle 800 euro sicure al mese per 30 ore settimanali. Ma io resto qua, è qua che voglio vivere.”

Le dico ciao e me ne vado con una considerazione nelle tasche: non tutto il Sud allora emigra per fame, qualcuno anche per mettere fortemente al centro se stesso e la propria individualità. Poi, mentre ero già lontano ho pensato di farle una proposta. Torno indietro e le dico” senti, siccome c’è crisi, perché non mandiamo qualche povero romano a Messina a fare il lavoro che a te non va
di fare?” Lei mi sorride e mi dice…”si ma non so se mia madre…”.
Marco Piervenanzi