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Cultura

Il mio nome è Omar

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 Una moglie, Fresia, costretta ad ascoltare le menzogne su una presunta fuga in Argentina di suo marito con un’altra donna. Una figlia, Pacita, orfana, ma senza il certificato di morte di suo padre. Attraverso le loro voci si snoda il racconto su Omar Venturelli, un desaparecido italocileno, scomparso a Temuco il 4 ottobre 1973 a pochi giorni dal golpe di Pinochet. “Il mio nome è Omar” è la storia di un processo, celebrato a Roma a 40 anni dal colpo di Stato cileno contro Alfonso Podlech Michaud, uno dei procuratori militari del regime, accusato della morte e della sparizione di Omar Venturelli. Ma è anche la storia della lotta di un uomo al fianco dei più deboli e del popolo Mapuche per la riappropriazione delle terre. Un ex sacerdote, sospeso a divinis, “colpevole” di aver sostenuto la candidatura di Allende nel ’70. Il documentario di Laura Bastianetto e Gabriele Bròcani ripercorre il drammatico sfondo politico e sociale del Cile dal golpe fino al processo a Roma, cercando di capire, attraverso una storia privata e il racconto dei testimoni, come ancora oggi, nonostante la fine della dittatura, sia impossibile una pacificazione. Omar Venturelli era nato in Cile da una famiglia originaria di Pavullo (Modena). In Italia vive oggi sua figlia Maria Paz, che all’epoca della “scomparsa” del padre aveva solo due anni e che ha trascorso la sua vita alla ricerca della verità e della giustizia per suo padre.

Il documentario sul desaparecido italo-cileno Omar Venturelli nella casa dei raccontastorie (via del Mandrione 105, Roma): l'appuntamento è per martedì 21 gennaio a partire dalle ore 18 con la proiezione de “Il mio nome è Omar” di Laura Bastianetto e Gabriele Bròcani, con le musiche originali di Luca Di Maio.